Che misura ha la corruzione?

È un quesito molto impegnativo, al quale abbiamo dato una risposta in un articolo che presenta un sistema per analizzare il rischio di corruzione relativo ai contratti dell’amministrazione pubblica italiana.

L’articolo Misurare la corruzione sul grafo dei contratti pubblici italiani, pubblicato all’interno del volume Misurare la corruzione oggi, obiettivi, metodi, esperienze, di Michela Gnaldi e Benedetto Ponti, è disponibile in Open Access.

La nostra ricerca prende spunto dal Report finale prodotto da un gruppo di analisi del fenomeno-corruzione coordinato da ANAC e dal Dipartimento Politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Report interpreta la corruzione come una pratica sociale: un comportamento in contrasto con i valori etici e sociali e contro le normative vigenti, che si concretizza spesso in un abuso di potere per ottenere benefici personali. La natura complessa del fenomeno ne rende insidiosa l’analisi e la previsione: criteri e metodi di studio vanno modellati in base al caso specifico e ai dati posseduti, in un contesto che stimola alla sperimentazione di strumenti di indagine nuovi.

Ad esempio, si può misurare la corruzione tramite gli open data?

La nostra risposta è che se ne può ipotizzare il rischio, analizzandoli in base a specifici indicatori di rischio e prestando particolare attenzione alla qualità dei dati raccolti.

Quali open data?

Abbiamo utilizzato i dati pubblicati sui siti delle pubbliche amministrazioni ai sensi della legge anticorruzione n. 190/2012. Questi dati, generalmente reperibili all’interno della sezione Amministrazione trasparente, seguono le specifiche dell’AVCP/ANAC . In particolare abbiamo utilizzato i dati forniti da ContrattiPubblici.org, il motore di ricerca e strumento di business intelligence che abbiamo sviluppato sui contratti delle amministrazioni pubbliche italiane.

La piattaforma raccoglie i dati presenti in rete, li trasforma in linked data, e li espone tramite un unico punto di accesso facilmente interrogabile. Il database a grafo conserva dati estratti da più di un milione di file XML comprendenti informazioni contrattuali come l’oggetto del contratto, gli enti coinvolti, l’ammontare pattuito e liquidato, le date di inizio e fine.

Attraverso il linguaggio di interrogazione SPARQL si possono ottenere informazioni relative al numero di appalti vinti da un determinato ente, l’ammontare con cui si è aggiudicato la gara, il numero degli enti concorrenti ed eventualmente il numero di volte in cui uno stesso ente è risultato aggiudicatario.

Ma sulla base di questi dati come si misura il fenomeno?

Gli indicatori di rischio di corruzione

Il report di ANAC partiva dall’analisi delle misure del fenomeno proposte in letteratura e nella prassi nazionale e internazionale, proponendo quindi una metodologia per la costruzione degli indicatori di rischio e di corruzione e di contrasto al fenomeno.

Ai fini della nostra ricerca abbiamo calcolato sei indicatori tra i diciannove proposti nel report dell’ANAC. Gli open data sui contratti pubblici disponibili oggi sui siti delle pubbliche amministrazioni ci consentono di analizzare, per esempio:

  • il rapporto tra procedure aperte e non aperte per ogni singola stazione appaltante;
  • la variazione del costo finale in relazione alle soglie stabilite in fase di affidamento del contratto;
  • il numero di bandi aperti per i quali gli enti hanno ricevuto una sola offerta;
  • la ricorrenza di aggiudicazione dei fornitori in due archi temporali consecutivi;
  • la variazione tra i costi di esecuzione effettivi e quelli inizialmente pattuiti.

Calcolo del rischio e problemi di data quality

Prendiamo come esempio tra gli indicatori oggettivi di rischio di corruzione quello che riguarda lo scostamento dei costi di esecuzione; quest’indicatore è utile per valutare eventuali variazioni dei costi dopo l’aggiudicazione di un contratto grazie a un iniziale costo ribassato in aumento in corso d’opera rispetto al previsto.

Nel caso della nostra ricerca abbiamo fatto riferimento solo ai contratti per i quali le stazioni appaltanti hanno dichiarato l’ammontare liquidato e una data di fine prevista precedente al primo gennaio 2017, anche se questo metodo di valutazione potrebbe risultare inaffidabile a causa di dati di contratti parzialmente aperti confluiti nei dati analizzati a causa di un mancato aggiornamento da parte di alcune stazioni appaltanti della data stimata di fine lavori per attività parzialmente liquidate, ma non ancora terminate o a causa di un errore di compilazione dell’ammontare liquidato.

Il grafico riporta il range completo di valori assunti dall’indicatore e manifesta, considerando che un valore superiore a 1 indica il superamento del 100% rispetto ai costi iniziali previsti, che valori di 10, 100, 1000 sono certamente identificativi di errori nella pubblicazione dei dati relativi all’ammontare liquidato per i contratti.

Questo è esemplificativo dell’importanza della fonte dei dati e alla loro qualità, infatti, considerando i problemi di scarsa qualità attribuiti ai dati (dati mancanti, errati, non sempre confacenti le specifiche dell’AVCP/ANAC, incomparabili o derivati da sistemi informatici differenti), per calcolare il complesso fenomeno della corruzione è necessario tenere conto non solo dei singoli indicatori, ma è opportuno verificare la correlazione tra gli indicatori presi in considerazione, ai fini di valutarne la validità.

In conclusione, per incrementare l’attendibilità di analisi di questo tipo, è importante che gli enti pubblici seguano i principi di:

completezza: presenza di tutti i dati, specialmente gli importi e le date di inizio e fine;

accuratezza: seguire le specifiche tecniche per la pubblicazione dei file Xml della L. 190/2012;

coerenza: controllare che gli importi siano corretti;

disponibilità: pubblicazione di dati di qualità da parte delle amministrazioni pubbliche.