“Lavoro agile”, “smart working”, “telelavoro”, “lavoro da casa”, “lavoro da remoto” questi i termini molto discussi in rete in questo momento di emergenza sanitaria in cui tutti siamo stati invitati ad adattarci a nuove abitudini, nuovi approcci e nuove forme di lavoro.
Cosa hanno in comune tra loro? Cosa si intende con lavoro agile? Quali sono gli approcci, i vantaggi, gli svantaggi e gli strumenti in supporto dei piccoli centri? Abbiamo chiesto al nostro collega Emanuele Zangarini di raccontare il suo punto di vista da lavoratore pendolare, che ora lavora da casa nel suo comune, e affrontare l’argomento per rispondere a queste domande. Scopriamole insieme.
L’impatto dei lockdown in Europa e USA ha inaspettatamente frenato la corsa alle città. La facilità di diffusione del virus nelle zone densamente popolate di Europa e Stati Uniti ha dato una spinta propulsiva al telelavoro e alla formazione a distanza, mettendo al contempo sotto stress tutti i servizi basati sulla rete, dalle piattaforme di comunicazione fino ai servizi online della pubblica amministrazione.
A tal proposito, prima ci siamo chiesti cosa hanno in comune i termini che identificano la nuova forma di lavoro: la rete e la conseguente importanza della velocità di fruizione e disponibilità da parte di tutti.
Anche l’utilizzo della rete viene potenziato diventando mezzo fondamentale di comunicazione tra i membri di un ufficio pubblico, di un’azienda per le attività da svolgere e per la gestione del rapporto con gli utenti o clienti.
Per evitare la paralisi delle aziende di servizi rispettando al contempo il distanziamento sociale, il lavoro agile è stato tirato fuori da un cassetto del 2017 ed esteso a tutti i rapporti di lavoro subordinato dal DPCM 4 marzo 2020, provocando una riorganizzazione a tappe forzate del modo di vivere e lavorare di centinaia di migliaia di lavoratori dei servizi.
Cosa si intende con lavoro agile?
Si tratta di una modalità di lavoro da remoto, basato sulla flessibilità organizzativa, concordata con il datore di lavoro sulla base dell’attività da svolgere avvalendosi degli strumenti tecnologici necessari (come computer, tablet e smartphone) e utilizzando la rete per comunicare con utenti/clienti e internamente per comunicare e compiere attività sincrone con i colleghi.
Questa modalità di lavoro in Italia è stata introdotta da tempo, infatti risale al 2017 una normativa che ne sancisce la modalità di esecuzione e garantisce ai lavoratori:
la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’INAIL nella circolare n. 48/2017.
Negli anni, però, questa modalità proposta è stata solo in parte accolta nelle realtà lavorative a causa di perplessità sui risultati funzionali delle prestazioni.
Cambio di prospettiva: prima si pensava con sospetto al lavoro agile, adesso come mai si inizia a pensare più ai vantaggi? Analizziamoli insieme…
Tempi di spostamento
Molti pendolari che ad inizio anno affollavano le grandi direttrici del trasporto pubblico e i mezzi urbani ora lavorano da casa, anche da paesi o quartieri periferici.
Ciò permette ai lavoratori pendolari di riorganizzare la quotidianità utilizzando le ore prima impiegate negli spostamenti per rimanere vicino agli affetti e svolgere attività che prima non avevano il tempo di svolgere.
Inoltre, in questo modo si favorisce lo sviluppo dei piccoli centri e delle zone periferiche, potendo usufruire dei servizi presenti nei propri territori e alimentare l’economia locale.
Decentralizzazione delle aziende
L’aspirazione ottocentesca all’urbanizzazione, la realizzazione all’estero di quartieri formati da grattacieli progettati e riprodotti in distese urbane e connesse da imponenti infrastrutture per il trasporto pubblico e privato è stata accolta anche in Italia: prima della crisi sanitaria l’orizzonte urbano e simbolico erano il Grattacielo UniCredit e il Bosco Verticale di Milano e le proiezioni davano le grandi città come Milano in costante ascesa di popolarità.
Ora, invece, è proprio l’architetto del Bosco Verticale Stefano Boeri ad accendere il dibattito sul ripopolamento di 5.800 centri sotto i 5.000 abitanti:“Via dalle città. Nei borghi c’è il nostro futuro”.
Piccole realtà che però contano un sesto della popolazione ma coprono oltre la metà della superficie del Paese e che hanno visto prima la migrazione verso le fabbriche delle città, poi lo spopolamento delle generazioni più giovani che partivano per studiare e lavorare non tornando più al paese.
La proposta di Boeri ha raggiunto l’Unione nazionale Comuni, Comunità ed Enti montani che tramite il presidente Marco Bussone ha chiesto di colmare il digital divide puntando sul Piano nazionale banda ultralarga:
“Lavoriamo insieme, Professor Boeri, per rafforzare le reti dei servizi. 200 Comuni in Italia, tra quelli che lei enumera su Repubblica di oggi, non hanno più un negozio o un bar. È gravissimo. Altri 500 sono a rischio. Il digital divide distrugge i borghi più del tempo. Insieme a Lei, possiamo spingere sulle Istituzioni per l’accelerazione del Piano banda ultralarga e per nuovi ripetitori che consentano a 1200 Comuni italiani di non registrare più difficoltà a telefonare, mandare messaggi o vedere la tv. Lavoriamo insieme anche per un’azione che porti servizi scolastici, sociali e trasporti di qualità, affinché i territori, i borghi, le zone montane del Paese, non subiscano continui tagli quando i bilanci degli Enti regionali e dello Stato vengono sforbiciati.”
Il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori (CNAPPC) durante una maratona digitale tenutasi dal 23-24 maggio ha stilato un manifesto in dieci punti tra cui la rigenerazione urbana e la scommessa sul rilancio dei borghi e delle periferie è predominante:
Favorire la riqualificazione delle periferie urbane e territoriali attraverso progetti policentrici di rigenerazione socio-culturale-ambientale […] I centri storici delle città, la molteplicità dei paesaggi e la fitta costellazione di borghi e di paesi determinano la specificità la bellezza e l’attrattività del nostro paese. La rigenerazione policentrica deve ancorarsi a questi capisaldi sia per la rigenerazione delle periferie delle aree metropolitane, sia per la riqualificazione dei territori meno urbanizzati.
Idee nascenti nell’architettura per ripensare gli spazi e attuare un’inversione di prospettiva verso realtà più piccole, spazi più grandi, costi inferiori, più aree verdi, diminuzione degli spostamenti e limitazione della crisi climatica.
Idee che non lasciano indifferenti le imprese: sempre più aziende iniziano ad approvare e a ritenere valido e in alcuni casi necessario un processo di decentralizzazione basato sullo smart working.
Ad esempio Twitter ha in questi giorni ufficializzato la decisione, proponendo ai dipendenti di lavorare da remoto anche dopo l’emergenza e investendo negli strumenti necessari da fornire per svolgere il proprio lavoro da casa.
Diminuzione dei costi
Nel caso in cui molti dipendenti decidessero di continuare a lavorare da casa, molti uffici sarebbero disponibili per essere diversamente utilizzati dalle aziende o rinunciare del tutto allo spazio fisico comporterebbe un cospicuo taglio nei costi di locazione degli immobili per gli enti pubblici e aziende.
Se un quinto degli impiegati che oggi lavorano negli uffici lavorasse da casa, si libererebbero circa 74 milioni di metri quadri di immobili commerciali, con un risparmio in spese di locazione per le imprese di 24 miliardi di dollari l’anno secondo la stima fatta dal professore di management e studioso del modello californiano Marshall Toplansky.
Intervistando 12 CEO che operano nell’epicentro dell’alta tecnologia mondiale, Toplansky rivelava già da aprile la disponibilità delle imprese dei servizi ad aprirsi al lavoro remoto essendosi dimostrata nei fatti il mantenimento della produttività e intravedendo i risparmi nelle locazioni che in California sono esose.
Svantaggi
I principali rischi? Una crisi del mercato immobiliare commerciale, l’aumento dello stress da parte dei dipendenti e difficoltà tecnologiche, forte limite per lo svolgimento del lavoro.
Ovviamente decidere di approcciarsi in via definitiva al lavoro agile comporta un cambio di mentalità e di organizzazione dei processi di lavoro per non farsi cogliere impreparati: portare i supporti informatici a casa non è tutto.
In un contesto come questo è necessaria, infatti, soprattutto nella pubblica amministrazione, un’ulteriore formazione dove sarà necessario stabilire come gestire le problematiche tecniche e soprattutto un regolamento specifico che consenta di tutelare il lavoratore e stabilire ore e modalità di lavoro per evitare il rischio di lavorare di più rispetto alle ore effettive e limitare lo stress che ne deriverebbe.
I nostri strumenti di supporto
I piccoli comuni possono rinascere oggi che la densità diventa un disvalore, e la lontananza un valore, il trasporto privato una protezione, il trasporto pubblico un rischio.
Per offrire il nostro contributo come azienda abbiamo aderito all’iniziativa Solidarietà digitale mettendo a disposizione, gratuitamente fino a Giugno 2020, la nostra piattaforma ContrattiPubblici.org per i comuni italiani sotto i 100.000 abitanti al fine di agevolare una rapida ricerca dei fornitori per colmare il digital divide e affrontare l’emergenza sociale e sanitaria in corso nei propri territori.