Navigando il Web e consultando i social possiamo notare quanto sia cresciuta negli ultimi anni la presenza digitale degli enti culturali, interessati alla promozione del patrimonio culturale e a migliorare i servizi offerti agli utenti; molti, infatti, sono i musei che rilasciano open data e mettono a disposizione in uno spazio digitale le immagini delle proprie opere per il pubblico, come ad esempio il British Museum e il Rijksmuseum di Amsterdam.
La scelta delle collezioni condivise sui siti ufficiali degli enti e delle immagini diffuse sui canali social seguono motivazioni diverse, infatti quest’ultime seguono un criterio che si basa sulle caratteristiche specifiche della piattaforma e soprattutto sul target degli utenti da raggiungere, come sostiene S. Garubbo in Scelta dei contenuti e target dei visitatori nel volume di ICOM Italia sulla Web Strategy museale – Monitorare e progettare la comunicazione culturale nel web pubblicato su Zenodo.
Ma conosciamo le licenze che regolano l’uso delle immagini di cui fruiamo?
Federico Morando ne parla in questo volume di ICOM Italia, che ha lo scopo di offrire uno schema per il monitoraggio della web strategy museale (WSS – Web Strategy Schema), per l’analisi dell’orientamento strategico dei luoghi della cultura in ambiente digitale e rispondere a domande come ad esempio: Quali sono scelte e priorità di un museo rispetto al web? Qual è la strategia web da seguire? Quali sono gli strumenti per operare nel web?
Licenze, Musei e Open Data
In questo caso specifico Federico Morando interviene per rispondere alla domanda Come la scelta delle licenze d’uso influisce sulla web strategy museale?
Sulla base delle licenze d’uso scelte il museo definisce gli stakeholder che possono o meno riutilizzare i contenuti pubblicati sul web. Consentire il riuso dei contenuti con licenze CC BY-SA (o CC BY) o CC0 è fondamentale se si vuole lavorare con la comunità wikipediana e per pubblicare o far pubblicare propri oggetti digitali in piattaforme open quali Wikipedia, Wikimedia Commons e Wikidata – nel caso di Wikidata è necessaria la licenza CC0 per i metadati pubblicati. Limitare il riuso dei contenuti potrebbe invece essere – o anche solo apparire – necessario in funzione di una determinata strategia economica, che il museo predispone per monetizzare i propri contenuti e normalmente non facilita il coinvolgimento di nuovo pubblico.
Per approcciarsi agli Open Data le istituzioni culturali necessitano di conoscere quali sono i dati in proprio possesso e conoscere gli standard nazionali ed internazionali per la pubblicazione dei dati in modalità aperta. Un esempio e un modello di riferimento che Federico Morando cita per la condivisione delle schede di catalogo, utilizzando tecnologie Linked Data, è il progetto ARCO promosso da ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione), di recente avvio in Italia. Inoltre, mette in evidenza come i dati possono essere sottratti all’obsolescenza, arricchendosi e migliorando nel tempo grazie al contributo delle community wikimediane:
Vale anche la pena sottolineare che non è necessario che l’istituzione crei delle apposite strutture per pubblicare i propri contenuti – mantenere queste infrastrutture nel tempo è spesso oneroso e tecnicamente non banale. Fortunatamente, esistono delle piattaforme aperte in cui è possibile inserire i propri contenuti: Wikidata, Wikimedia Commons, Internet Archive.