Piemonte e pagamenti ai fornitori: ritardi e poca trasparenza
I dati sono riferiti ai comuni del Piemonte con più di mille abitanti e svelano chi paga in tempo e chi in ritardo. Non sono pochi, però, i casi in cui le pubbliche amministrazioni mancano di pubblicare i dati sulla tempestività dei pagamenti, nonostante il Decreto Trasparenza del 2013 lo sancisca come obbligo.
L’indicatore di tempestività dei pagamenti esprime il numero di giorni in cui i comuni piemontesi pagano le fatture ai fornitori. Nei comuni sopra i 15 mila abitanti i giorni di ritardo sono in media più di 20. A Torino addirittura 33.
I dati sorprendenti arrivano dai comuni piccoli, dove si paga con maggiore puntualità.
Cos’è l’ITP e come viene calcolato?
Parliamo dei pagamenti dei comuni piemontesi ai fornitori di merci o servizi. L’ambito è delicato ed il quadro complesso. Ma dalla confusione emergono alcuni trend che i dati raccolti da Synapta consentono di raccontare con precisione.
I comuni piemontesi pagano in ritardo, oggi ed in generale negli ultimi due anni. I dati, pochi per la verità, riferiti ai pagamenti del primo trimestre 2016, dicono che sono poco più di 6, in media, i giorni di ritardo con cui i comuni saldano i propri debiti.
Attenzione, però, il dato va letto nel modo corretto, prima di balzare a conclusioni affrettate: l’indicatore di tempestività dei pagamenti (d’ora in poi ITP), quel numero che le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare trimestralmente nella sezione Amministrazione Trasparente del proprio sito web, rappresenta il ritardo medio dei pagamenti. Tale ritardo esprime il numero di giorni oltre la scadenza delle fatture impiegati per pagare: tipicamente, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 192/2012 del 9 novembre 2012, le pubbliche amministrazioni hanno trenta giorni per saldare i propri debiti con i fornitori.
L ‘ITP conteggia i giorni che eccedono questa scadenza. Il calcolo è, per la verità, ancora più complicato: il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 settembre 2014 (pubblicato in G.U. n.265 del 14 novembre 2014) prevede che il calcolo dell’ITP sia ponderato sulla base dell’importo delle fatture. Di seguito un esempio:
Si consideri un caso ipotetico in cui nell’anno 2014 siano state pagate tre fatture.
- Fattura A: scadenza 4 aprile 2014; pagamento avvenuto il 16 settembre 2014 per un importo dovuto al fornitore pari a 54 mila euro;
- Fattura B: scadenza 30 novembre 2014; pagamento avvenuto il 2 novembre 2014 per un importo dovuto al fornitore di 60 mila euro;
- Fattura C: scadenza 30 novembre 2014; pagamento avvenuto il 4 dicembre 2014 per un importo dovuto al fornitore di 120 mila euro.
Il calcolo prevede le seguenti elaborazioni:
importo in euro (a) | data emissione fattura | data scadenza (b) | data pagamento (c) | differenza in giorni effettivi tra il pagamento e la scadenza (d)=(c)-(b) |
ritardo ponderato (a)*(d) |
|
---|---|---|---|---|---|---|
fattura a | 54.000,00 | 05/03/2014 | 04/04/2014 | 16/09/2014 | 165,00 | 8.910.000,00 |
fattura b | 60.000,00 | 31/10/2014 | 30/11/2014 | 02/11/2014 | -28,00 | -1.680.000,00 |
fattura c | 120.000,00 | 31/10/2014 | 30/11/2014 | 04/12/2014 | 4,00 | 480.000,00 |
somma | 234.000,00 (1) | 7.710.000,00 (2) | ||||
indicatore di tempestività dei pagamenti (2)/(1) |
32,95 |
L’indicatore di tempestività dei pagamenti è in questo caso pari a 32,95.
ITP. La situazione: quando pagano le pubbliche amministrazioni?
Chiarite le modalità di calcolo dell’ITP, passiamo ad analizzare i dati.
La nostra inchiesta ha riguardato i comuni piemontesi con più di mille abitanti ed il campione è composto da 608 comuni. L’analisi ha messo in luce le tempistiche di pagamenti di tre periodi: l’anno 2014, l’anno 2015 ed il primo trimestre 2016.
La tabella che segue riguarda le medie complessive dell’ITP dei 608 comuni analizzati:
Anno 2014 | Anno 2015 | 1° trimestre 2016 |
---|---|---|
4,1 | 8,22 | 6,54 |
In tutti e tre i periodi presi come riferimento, dunque, la media dei tempi di pagamento mostra un ritardo. Considerando la scadenza media delle fatture di trenta giorni, come ricordato prima, i comuni dovrebbero avere idealmente ITP compresi tra -30 e 0, anche se la ponderazione del calcolo secondo l’importo delle fatture determina una certa varianza, facendo “pesare” di più le fatture con importi elevati rispetto a quelle maggiormente economiche. In ogni caso un valore positivo dell’ITP rileva un ritardo medio nei tempi di pagamento.
Su piano cartesiano i valori medi complessivi di tutti i 608 comuni piemontesi riportati nella tabella precedente seguono questo schema. La dimensione dei punti dipende dal numero di comuni che hanno pubblicato i dati. Emerge immediatamente che il numero di comuni ad aver pubblicato i dati stia diminuendo in maniera sensibile. Se nel 2014, primo anno di applicazione del Decreto Trasparenza (D.Lgsl 33/2013 del 14 marzo 2013), erano stati 411 comuni piemontesi su 608 a pubblicare il dato, nel 2015 lo avevano fatto solo 258, e nel primo trimestre del 2016 solo 221.
Simile è il grafico che illustra, per i tre periodi, il range di valori assunti dall’ITP dei comuni.
Il problema. Si paga in ritardo
Più significative sono le analisi condotte segmentando i comuni secondo il numero di abitanti. Abbiamo proceduto utilizzando cinque fasce.
abitanti | n. comuni | media itp 2014 | media itp 2015 | media itp 1°trim 2016 |
---|---|---|---|---|
1.000 – 4.999 | 475 | -0.27 | 6.53 | 4.38 |
5.000 – 14.999 | 87 | 14.95 | 11.57 | 3.22 |
15.000 – 49.999 | 40 | 20.3 | 12.08 | 20.8 |
50.000 – 200.000 | 5 | 33.02 | 18.16 | 24.58 |
> 200.000 (torino) | 1 | 72 | 29 | 33 |
Dalla tabella emerge come i comuni piemontesi siano abituati a pagare in ritardo. Solo nel 2014, e limitatamente ai comuni piccoli, è accaduto che i debiti venissero pagati entro la scadenza.
I grafici mostrano come la media dei tempi di pagamento aumenti all’aumentare del numero di abitanti. In altre parole, i comuni grandi pagano molto più lentamente che i comuni di più piccola dimensione, fenomeno interessante perché riflesso di almeno due aspetti. I comuni piccoli affrontano evidentemente minori spese ai fornitori, ma devono probabilmente far fronte anche a minore disponibilità di risorse. La bilancia tra entrate e uscite, tuttavia, sembra essere favorevole.
Pagare in ritardo è un’abitudine. Le sanzioni
Sono previste sanzioni ai comuni che pagano in ritardo?
Sì, secondo quanto previsto dalla direttiva 2011/7/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio. In particolare la circolare del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, prevede che “il creditore abbia diritto, senza che sia necessario un sollecito, agli interessi legali di mora – vale a dire interessi ad un tasso che è pari al tasso di riferimento (tasso di interesse applicato dalla BCE alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento) – maggiorato di almeno otto punti percentuali.”
L’articolo 41, comma 2, del decreto legge 66/2014 introduce ulteriori specifiche. In particolare la norma fissa in 90 giorni per il 2014, ed in 60 giorni a decorrere dal 2015, il limite massimo dei tempi medi di pagamento per le pubbliche amministrazioni. Ciò significa che tali termini si applicano alla media dei tempi di pagamento del periodo preso a riferimento e non alla singola fattura. Il decreto legge 66/2014, poi, pone come sanzione il blocco delle assunzioni da parte dell’ente per l’anno successivo a quello in cui si è registrata la violazione dei termini (90 giorni per il 2014 e 60 giorni dal 2015). Una sanzione severa che, colpendo indistintamente ogni violazione ai tempi di pagamento, può investire amministrazioni che abbiano registrato ritardi per motivi a loro non imputabili come ad esempio i limiti del Patto di Stabilità e la disponibilità economica delle singole amministrazioni. A questo proposito è possibile che i piccoli comuni, in modo particolare, abbiano scarse entrate dirette e debbano rimettersi ai tempi di trasferimento di risorse da parte degli enti maggiori, con conseguenti allungamenti dei tempi.
Ciò che forse è più assurdo, però, è la mancata predisposizione di sanzioni a carico dei comuni che non pubblicano il dato relativo all’ITP. Il Decreto Trasparenza 33/2013, infatti, sancisce solo che il responsabile per la prevenzione della corruzione, come previsto all’articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n.190, svolga le funzioni di responsabile per la trasparenza, controllando l’adempimento degli obblighi di pubblicazione e segnalando all’organo di indirizzo politico, all’Organismo indipendente di valutazione (OIV), all’Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all’ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
All’articolo 46, comma 1, poi, viene sancito che “l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente o la mancata predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale”: l’eventuale responsabilità sarà dunque a carico esclusivo del dirigente di riferimento ed interverrà sulla corresponsione della retribuzione.
Il secondo problema. Chi non pubblica
I dati annuali sulla pubblicazione
Dal 2014 al 1° trimestre 2016, come già detto, i comuni piemontesi ad aver pubblicato il dato ITP si è quasi dimezzato, passando da 411 a 221 (-46,23%).
Sempre con riferimento al periodo dal 2014 al 1° trimestre 2016, sono 98 i comuni piemontesi sui 608 analizzati a non aver mai pubblicato il dato ITP secondo quanto previsto dalla legge. Quasi un comune su sei è abituato a ignorare le disposizioni di legge che obbligano le amministrazioni a pubblicare i propri dati in nome di quella trasparenza che dovrebbe “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1, comma 1, del Decreto Trasparenza 33/2013 del 14 marzo 2013).
Evitando di prendere in considerazione i valori trimestrali del 2015, di cui parliamo al prossimo paragrafo, abbiamo scelto di rappresentare graficamente la situazione di pubblicazione dell’ITP. In particolare abbiamo calcolato il numero di comuni che abbiano soddisfatto le seguenti condizioni:
- mai pubblicato un dato: 98/608
- sempre pubblicato (ITP annuale 2014, ITP annuale 2015, ITP 1° trimestre 2016): 115/608
- pubblicato solo ITP annuale 2014: 124/608
- pubblicato solo ITP annuale 2015: 25/608
- pubblicato solo ITP 1° trimestre 2016: 27/608
- pubblicato ITP annuale 2014 e ITP annuale 2015: 106/608
- pubblicato ITP annuale 2015 e 1° trimestre 2016: 13/608
- altro: 66/608
I dati trimestrali sulla pubblicazione
Proviamo ora a seguire l’andamento della pubblicazione dell’ITP su base trimestrale, in modo da avere periodi temporali confrontabili con maggior rigore. In questo caso i dati a disposizione riguardano i quattro trimestri del 2015 ed il primo del 2016.
2015 T1 | 2015 T2 | 2015 T3 | 2015 T4 | 2016 T1 | |
---|---|---|---|---|---|
numero di comuni che pubblicano dati | 340 | 336 | 319 | 304 | 221 |
percentuale | 55,92% | 55,26% | 52,47% | 50% | 36,35% |
La percentuale di pubblicazione del dato ITP trimestrale decresce costantemente, seppur in misura meno accentuata. Dal dato del 1° trimestre 2016 è opportuno rilevare che i comuni piemontesi sembrano essere lenti non soltanto nel pagare le proprie fatture, ma anche nel pubblicare i dati.
Proviamo ora a segmentare la percentuale di pubblicazione dei dati trimestrali secondo le fasce abitative, per capire se i trend riflettono le stesse evidenze emerse nelle precedenti analisi.
Si è deciso di unire i dati dei comuni facenti parte delle fasce abitative 15.000 – 49.999, 50.000 – 200.000 e oltre 200.000, in quanto queste ultime due rappresentano un universo troppo ristretto (rispettivamente 5 ed 1 comuni) per poter essere statisticamente rilevanti.
2015 T1 | 2015 T2 | 2015 T3 | 2015 T4 | 2016 T1 | |
---|---|---|---|---|---|
1.000 – 4.999 abitanti: numero di comuni che pubblicano dati | 248 | 244 | 229 | 216 | 143 |
percentuale | 52.21% | 51.37% | 48.21% | 45.47% | 30.1% |
5.000 – 14.999 abitanti: numero di comuni che pubblicano dati | 62 | 61 | 60 | 61 | 47 |
percentuale | 71.26% | 70.11% | 68.97% | 70.11% | 54.02% |
oltre 15.000: numero di comuni che pubblicano dati | 30 | 31 | 30 | 27 | 31 |
percentuale | 65.22% | 67.39% | 65.22% | 58.7% | 67.39% |
Incrociando i dati elaborati otteniamo il seguente grafico che mostra l’andamento della percentuale di pubblicazione dei dati trimestrali dell’ITP suddivisa secondo le fasce abitative dei comuni piemontesi, con l’immediato confronto con la media complessiva della percentuale di pubblicazione degli stessi dati.
Emerge immediatamente come la maggiore base rappresentata dai comuni piccoli influenzi in maniera decisa l’andamento complessivo del dato medio. Tuttavia lo stesso trend è riscontrabile nelle altre fasce abitative (quelle dei comuni con più di mille abitanti) fino al 2014. L’unica anomalia è rappresentata dalla percentuale di pubblicazione dei dati da parte dei comuni con più di 15.000 abitanti che, lo ricordiamo, in questo grafico unisce le fasce 15.000 -49.999, 50.000 – 200.000, e la città di Torino che è l’unica in Piemonte con più di 200.000 abitanti.
- sempre pubblicato: 169/608
- mai pubblicato: 212/608
- pubblicato solo i trimestri 2015: 102/608
- pubblicato solo il 1° trimestre 2016: 20/608
Quanto possiamo dedurre da questi dati conferma quanto affermato in precedenza, ovvero la recente tendenza a pubblicare meno dati. In particolare nel 1° semestre 2016 67 comuni hanno smesso di pubblicare il dato ITP, a fronte di solo 20 che hanno incominciato a farlo.
Secondo quanto disposto dal già citato Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 settembre 2014, le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare i dati trimestrali entro il trentesimo giorno dalla conclusione del trimestre cui si riferisce. Il dato relativo al 1° trimestre 2016, pertanto, sarebbe dovuto essere pubblicato entro il 30 aprile 2016. È opportuno ricordare che la raccolta dei dati, avvenuta manualmente, è incominciata in data 3 giugno 2016 e si è conclusa in data 17 giugno 2016, procedendo in ordine decrescente secondo il numero di abitanti.
Problema di standard. I dati sporchi
Abbiamo già chiarito i criteri seguiti per la raccolta dei dati dai siti delle pubbliche amministrazioni. Sono infatti stati presi in considerazione solo quelli pubblicati secondo il DPCM 22 settembre 2014, lo standard legislativo attualmente utilizzato. Altra questione riguarda i dati sì pubblicati, ma privi delle necessarie informazioni. Ad esempio:
-
- dati pubblicati senza la specifica della modalità di calcolo utilizzata (come nell’immagine sottostante):
- dati pubblicati senza la specifica della modalità di calcolo utilizzata (come nell’immagine sottostante):
-
- dati di cui si fatica a cogliere il segno + o – (come nell’immagine sottostante):
- dati di cui si fatica a cogliere il segno + o – (come nell’immagine sottostante):
-
- trimestri calcolati sui mesi sbagliati (come nell’immagine sottostante):
- trimestri calcolati sui mesi sbagliati (come nell’immagine sottostante):
-
- dati espressi come tempi medi di pagamento anziché come giorni di ritardo (come nell’immagine sottostante):
- dati espressi come tempi medi di pagamento anziché come giorni di ritardo (come nell’immagine sottostante):
- dati non ponderati sull’importo (come nell’immagine sottostante):
Questi sono alcuni dei casi in cui la raccolta dei dati ha incontrato notevoli difficoltà, costringendoci a utilizzare l’arma dell’immaginazione più che del rigore per poter avere una base sufficiente di dati da analizzare.
Conclusioni
L’analisi condotta ci ha portato a mettere in evidenza i due aspetti relativi ai dati sulla tempestività dei pagamenti in Piemonte.
Da un lato quantitativo, ad emergere sono le problematiche economiche: i comuni pagano in ritardo i fornitori, con conseguenze facilmente immaginabili sulla qualità dei servizi offerti, che con ogni probabilità andrà peggiorando, sugli investimenti in innovazione e sui pagamenti successivi degli stessi fornitori, in probabile diminuzione, sul gettito fiscale degli stessi comuni che, non potendo contare sulle tasse pagate dai fornitori finiscono per autoalimentare un circolo regressivo. Naturalmente va osservato come la lentezza nei pagamenti possa non dipendere dalla sola cattiva gestione delle attività economiche del singolo comune, quanto piuttosto anche da una generale lentezza nella redistribuzione delle risorse dal centro.
Da un lato qualitativo, invece, l’analisi mostra la diffusa inosservanza delle leggi. La pubblicazione dei dati IPT è, almeno stando al 1° trimestre 2016, una circostanza rara (36.35% dei comuni). La sezione Amministrazione Trasparente dei siti internet delle pubbliche amministrazioni, sebbene siano passati tre anni dal Decreto 33/2013 che ne ha sancito l’organizzazione, non rappresenta uno standard sufficiente a garantire una reale trasparenza. Le modalità di pubblicazione non sono rispettate in diversi casi, con vizi di natura diversa.
Proprio il Decreto 33/2013 prevede, all’articolo 33, che gli indicatori annuali e trimestrali di tempestività di pagamento sia pubblicati anche attraverso il ricorso ad un portale unico, eventualità questa ad oggi ancora non compiutamente implementata. In questo senso un esperimento degno di nota è quello messo a punto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (http://www.mef.gov.it/focus/article_0012.html) che analizza però i soli comuni attivi nella pubblicazione, tralasciando dunque in considerazione le amministrazioni che non adempiono ai doveri di pubblicazione.
La difficoltà nel reperire i dati utili all’inchiesta sull’ITP suggerisce la necessità di adottare un sistema unico di pubblicazione dei dati. La soluzione potrebbe essere l’adozione di un portale unico a livello regionale, se non nazionale, dove i responsabili della trasparenza dei comuni possano inserire il valore ITP relativo ai differenti periodi.